Giorgio Napolitano ha fatto sapere ieri che non ci sono né le condizioni, né i motivi per andare al voto anticipato.
Il Colle non vede “plausibile” uno scenario del genere. “Non si coglie il senso del parlare a vuoto di elezioni anticipate -si ragiona in ambienti del Quirinale- non essendone presentate le condizioni e non emergendo motivazioni plausibili“. È netto il richiamo del capo dello Stato, mentre vanno avanti i ‘contorcimenti’ su alleanze e dintorni tra le forze politiche. E Casini si fa notare in questo senso. Venerdì ha aperto a una possibile intesa con un Pdl ‘Berlusconi-free’. Solo Angelino Alfano, fuori il Cavaliere. Sabato invece, in un’intervista a Repubblica, il leader centrista apriva al Pd purché molli Sel al suo destino.
Un centrosinistra ‘de-vendolizzato’ o non se ne fa nulla, dice Casini. Uno stop and go che si ripete da settimane, ma la novità è che sulla questione alleanze è intervenuto anche Matteo Renzi che sul tema si è sempre tenuto piuttosto defilato dietro la bandiera di un generico “io mi alleo con i cittadini che mi votano“.
Un concetto che ha ripetuto anche ieri, ma il sindaco di Firenze stavolta ha detto qualche parola più precisa e, nello specifico, sull’alleanza Pd-Udc modello Sicilia: “Fa storia a sé’“, ha sottolineato, “non è lo schema di accordo nazionale“. Mentre Renzi parla di alleanze con i cittadini, anche al quartier generale di Pier Luigi Bersani si fanno i conti con quello che sta accadendo tra gli elettori: il massiccio astensionismo siciliano unito al successo di Beppe Grillo, non vengono sottovalutati. E tornano a circolare indiscrezioni sulla possibilità di mettere in campo liste civiche rappresentative del territorio e della società civile da affiancare alla coalizione di centrosinistra. Potrebbe essere un modo per frenare l’astensionismo. Intanto, il caos in cui sta deflagrando l’Idv potrebbe agevolare la nascita di quella lista dei sindaci di cui si è parlato spesso anche nei mesi scorsi. I due primi cittadini più rappresentativi dell’Italia dei Valori, Luigi De Magistris e Leoluca Orlando, stanno prendendo le distanze da Antonio Di Pietro. Oggi però è lo stesso Orlando a tranquillizzare tutti lasciando solo Donadi. Mentre il sindaco di Napoli non esclude di presentare una nuova lista e ha annunciato che “entro Natale ci saranno nome e simbolo” della lista Arancione, quella degli amministratori appunto.
Alcuni parlamentari ‘fedeli’ a Di Pietro hanno chiesto la ‘testa’ del capogruppo Massimo Donadi. Mentre il leader si difende dalle accuse in un lungo post sul suo blog. O meglio una lettera al comico Maurizio Crozza, ‘reo’ di aver fatto ironie sul presidente Idv. È in atto, dice, un “killeraggio mediatico” e “se persino una persona come te contribuisce a divulgare, in perfetta buona fede, le bugie che sono state dette in questi giorni, è segno che la campagna di disinformazione e calunnia ha raggiunto. Proprio nel giorno in cui Casini torna a parlare di un accordo Pd-Udc che isoli gli “estremismi” sulla scorta del successo in Sicilia, Renzi rottama pure questo possibile scenario. Il sindaco fiorentino dice “basta con le logiche politiche vecchio stile degli accordo fra partiti“. Le alleanze, ripete, si fanno con gli elettori. E quindi osserva: “Quanto all’accordo con l’Udc, è chiaro che la Sicilia fa storia a sé. Rispetto le valutazioni che sono state fatte in campagna elettorale dai candidati ma, per quello che mi riguarda, non è questo lo schema di accordo nazionale”. “Io credo che la vera alleanza si debba fare con i cittadini e con i cittadini significa andare davanti alle primarie, proporre delle cose concrete. Noi -aggiunge- le proponiamo: la riduzione del numero dei parlamentari, l’abolizione del finanziamento pubblico, l’organizzazione di Stato e poi la scuola, il fondo sociale europeo, gli interventi sulle infrastrutture e l’investimento sull’agroalimentare. Su queste cose chiediamo il consenso dei cittadini. Basta con le logiche politiche vecchio stile degli accordo fra partiti. Poniamoci con l’obiettivo di cambiare le regole del gioco direttamente con le primarie e con il voto del 25 novembre”.
L’apertura di Casini al Pd suscita reazioni nel Pdl. Per Fabrizio Cicchitto, il leader dell’Udc “si sta infilando in un pasticcio inestricabile dal quale non esce attaccando da una parte Berlusconi e dall’altra Vendola e sulla base di queste due negazioni cercando di agganciare Bersani in una alleanza preferenziale“. “In politica non sono possibili i giochi di prestigio. E quindi né Bersani né Casini possono pensare di far scomparire Vendola nel taschino di un gilet se ci realizzano una alleanza insieme. Facendo alleanza con Vendola -secondo il capogruppo Pdl a Montecitorio- non torna nessun conto per quello che riguarda una politica economica minimamente di rigore”.
Mutatis mutandis: Casini verrebbe a prendere il posto di Prodi e evidentemente Vendola quello di Bertinotti. Cambierebbero i nomi ma i risultati (distrastrosi) sarebbero gli stessi“.
Sel invece ribatte a Casini quando dice che Tony Blair ha governato bene proprio perché ha tagliato fuori gli estremismi. “Vorremmo ricordare al loro difensore d’ufficio -attacca Gennaro Migliore- che quando Blair e Schroeder governavano, lui era l’alleato più fedele di Bossi e Berlusconi. Un po’ più di pudore non guasterebbe. Casini evoca il meno esaltante binomio del socialismo europeo. Nessun progressista in Europa rimpiange la Terza via, quella che ha perso. Non ci stupisce – prosegue l’esponente di Sel – che a ricordarla siano Casini e Renzi che evidentemente ignorano cosa voglia dire cambiare la politica di cieca austerità che ottusamente difendono“.